Vangelo in briciole
2 giugno 2019

ASCENSIONE DEL SIGNORE

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Con la Pasqua di Gesù Cristo la storia umana si apre alla salvezza con uno slancio nuovo: gli uomini, liberati dal peccato, non sono più schiavi della morte eterna, ma trascinati dal Risorto, come figli vanno verso il Padre, Paradiso degli angeli e dei santi.
L’Ascensione del Cristo è quindi l’evento che inizia l’umana scalata verso il cielo promesso. I discepoli, in terra di Betania, vedono il Risorto benedicente sollevarsi da terra, assunto oltre le nubi, e proprio loro, uomini semplici e concreti, ne daranno una testimonianza credibile per i secoli.
Ci meraviglia la gioia che pervade la Chiesa nascente, dopo l’ascensione del Rabbi. Sostiene i discepoli la fiducia nella promessa fatta loro dal Maestro, così che non si smarriscono, ma attendono, in preghiera, lo Spirito che li randa capaci della missione assegnata.
La prima prospettiva di vita nuova che Gesù, tornando al Padre, ci offre è la “prossimità” di Dio che non si colloca in uno spazio lontano da noi, in un cielo che ci sovrasta, difficile da raggiungere. Pure così credettero negli anni ’70 i protagonisti delle prime imprese spaziali, confondendo lo spazio astronomico con il Paradiso divino e quando giunsero con le navicelle, oltre l’orbita terrestre, alcuni tra loro fecero professione di ateismo, non trovando Dio dove un’errata credenza popolare lo aveva collocato.
In verità Dio non ha una sua sede geografica, non occupa uno spazio perché è vita che genera, essenza dell’amore che si dona; Lui stesso è bellezza infinita e forza che abbatte ogni limite temporale e spaziale.
In Dio tutto è pace ed eterna giovinezza…Egli è creatore e Padre di Gesù Cristo e nostro.
Verso Lui continuiamo a camminare noi con tutti gli uomini di buona volontà, nella coscienza che Gesù, l’ Unigenito, ha voluto assumere la nostra stessa natura umana.

E proprio tornando al Padre nell’Ascensione, Gesù Redentore Gli  consegna l’umana creaturalità, da Lui assunta, come trofeo, guadagnato sulla croce alla salvezza.
Né separandosi dai suoi- tra i quali siamo inclusi noi-il Cristo li abbandona; li colma invece del Suo stesso Spirito che è in loro bisogno di annunciarLo con la vita e la Parola fino al martirio.
L’Ascensione è anche la festa dei paradossi di Dio che, mentre sembra separarsi dagli uomini, continua ad abitarli ancora più nel profondo del loro cuore.
Pare, quella nascente, una chiesuola di pochi intimi timidi e paurosi, destinati a smarrirsi nell’immediato, vittime dei loro limiti, mentre invece, docili allo Spirito del Risorto, i discepoli raggiungono i confini del mondo e della storia, incuranti delle persecuzioni.
Anche la nostra vita è un paradosso, nella misura in cui non ci limitiamo a vivere dominati dagli appetiti e dai bisogni dell’uomo terreno, ma diamo concretezza alle relazioni fondanti la nostra umanità, eternamente salva in Dio.

Gesù, tornando in cielo, ha stabilito la più potente connessione tra la terra e il Paradiso: lì infatti il Padre misericordioso attende i Suoi figli, che la madre Chiesa, nel tempo, perdona e nutre.

M.G. C.